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Palamara: «Accuse di dossieraggio sulla Salis? Il solito doppiopesismo di sinistra»

Palamara: «Accuse di dossieraggio sulla Salis? Il solito doppiopesismo di sinistra»

L’ex magistrato dopo gli attacchi contro «La Verità» della stampa progressista: «In Italia lo scoop esiste solo se colpisce la destra, mai se danneggia i dem. La tecnica serve a coprire le notizie sgradite»

«Macchina del fango» (Repubblica), «dossieraggio» (Corriere della Sera, La Stampa, Il Messaggero, Il Fatto quotidiano, Il Secolo XIX). L’inchiesta della Procura di Genova sull’ex assessore alla Sicurezza e alla polizia locale Antonino Sergio Gambino per corruzione e rivelazione di segreto (per i pm a favore di questo giornale), ha scatenato la stampa progressista che non vedeva l’ora di colpire un quotidiano non allineato alle proprie battaglie politiche. Ma anche se i giornalisti denunciano le presunte rivelazioni di segreto altrui, sorvolando sulle proprie, c’è un grillo parlante pronto a smascherare la loro ipocrisia. Si tratta di un ex pm di lungo corso come Luca Palamara, radiato dalla magistratura e, oggi, quasi completamente riabilitato. Per lui le accuse più infamanti sono cadute, ma una tambureggiante campagna diffamatoria ne ha stroncato la carriera.

Palamara, la stupisce leggere accuse di dossieraggio rivolte a politici «colpevoli» di aver parlato con La Verità?

«Non mi stupisce, ma mi infastidisce molto il doppiopesismo. Viviamo in un Paese nel quale lo scoop esiste solo se notizie e informazioni riservate e segrete riguardano una determinata parte politica o determinati personaggi. È emblematica la vicenda di Matteo Renzi: quando si distaccò dalla sinistra e finì sotto processo a Firenze, vide pubblicato sui giornali persino il proprio estratto conto bancario. Per quanto mi riguarda il quotidiano Domani nel giugno del 2021 diffuse in tempo reale le carte del mio processo non ancora depositate da parte della Procura di Perugia».

La Procura di Genova accusa l’ex assessore Gambino di rivelazione del segreto di ufficio per avere «fatto prendere conoscenza» a noi della Verità «del contenuto degli atti amministrativi» relativi all’incidente stradale causato, un anno fa, dall’attuale sindaco di Genova Silvia Salis. Cosa pensa di questa contestazione?

«Non mi è mai capitato di leggere un’imputazione che ipotizzi la segretezza degli atti redatti in occasione di un incidente stradale, i quali, come è a tutti noto, sono a disposizione dei soggetti coinvolti nell’incidente, delle compagnie di assicurazione e delle agenzie o dei legali incaricati di ottenere i risarcimenti. Vi sono molte piattaforme online predisposte dai comandi delle Forze di polizia per rendere rapidamente disponibili e con costi minimi questi atti. Sono certo che l’imputazione sarà archiviata o vi sarà una assoluzione alla fine del processo poiché non sussiste alcun atto segreto. Lo stesso pubblico ministero parla, infatti, di “atti amministrativi”».

L’archiviazione o l’assoluzione arriveranno, però, tra mesi o, addirittura, anni e intanto i quotidiani della sinistra fanno titoloni su fantomatiche macchine del fango e su dossieraggi inesistenti. Qual è l’obiettivo?

«Tutto ciò serve a far passare in secondo piano la verità dei fatti per come si sono effettivamente verificati e le relative responsabilità. L’accusa di “dossieraggio” è, infatti, lo schermo utilizzato per nascondere ciò che è stato riportato nell’articolo di cronaca e coprire chi, per esempio, ha commesso un illecito, come quello di investire un pedone. La seconda conseguenza è una ricaduta psicologica collettiva e istituzionale. Il responsabile di quei fatti diventa “vittima” del supposto dossieraggio poiché l’uso stesso del termine induce a credere che si tratti di una falsa accusa. Chi ha svelato la vicenda diventa, invece, inevitabilmente, il colpevole, anche se poi il procedimento giudiziario, a distanza di anni, dimostrerà il contrario. Inoltre l’autorità giudiziaria che ha ipotizzato il “dossieraggio” difficilmente procederà contro la “vittima” poiché ciò significherebbe contraddire se stessa».

Perché se una notizia esce su certi giornali è uno scoop, se finisce su altri è dossieraggio?

«La parola dossieraggio è uno di quei termini roboanti che vengono impropriamente utilizzati solo quando la presunta campagna denigratoria prende di mira taluni magistrati o esponenti del mondo progressista o, comunque, non di destra. E anche se nel codice penale non esiste il reato di dossieraggio, a leggere certi giornali, sembra, invece, che sia molto diffuso».

Negli anni scorsi ha denunciato i rapporti incestuosi tra magistrati e giornalisti. Da allora è cambiato qualcosa?

«No, anzi mi sembra che la situazione sia peggiorata. La realtà ci dice che si stanno sempre di più consolidando il legame tra alcuni cronisti e la cosiddetta intelligence che spesso li utilizza per colpire questo o quel nemico politico. Mi viene in mente il famoso dossier sui cosiddetti giornalisti filo russi elencati dal Corriere della Sera. Quale fu la manina che consegnò quei report al quotidiano di via Solferino? Per quale motivo?».

Ci sono quotidiani, come Domani, che sembrano specializzati in retroscena che riguardano i servizi segreti. Quando lei era pm c’era questa consuetudine tra giornalisti e 007?

«C’era in maniera più mediata. Oggi vedo un rafforzamento e un collegamento diretto».

Lei è un grande esperto di politica giudiziaria: come definirebbe la Procura di Genova? Una Procura rossa?

«Ci sono professionalità importanti e qualificate e, contemporaneamente, ci sono magistrati molto caratterizzati dal punto di vista ideologico e correntizio che influenzano l’ambiente circostante».

Come mai quando un personaggio inviso alla sinistra finisce sotto indagine o viene arrestato i cronisti si uniscono in pool e per settimane offrono ai loro lettori un’unica versione che, in tal modo, diventa una verità incontrovertibile?

«È una tecnica di martellamento che serve a instillare nell’opinione pubblica la convinzione che i fatti siano andati in quel modo e solo in quel modo senza alcun ragionevole dubbio. Qualunque cosa accada dopo non avrà più senso e significato perché nella testa della gente rimane la reminiscenza della notizia che esce in prima battuta».

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha detto che nell’inchiesta che l’ha riguardata «molto è stato insabbiato». Che messaggio è?

«Non sono nella testa del Guardasigilli, ma è indubbio che al gioco delle nomine che ha portato alla mia radiazione dalla magistratura partecipavano tutti, nessuno escluso, eppure nelle carte del procedimento questo non è emerso chiaramente».

Secondo lei sono state occultate prove, come sembra sostenere Nordio?

«Diciamo che le intercettazioni non hanno registrato tutto e che il server di Napoli su cui transitavano i file audio delle captazioni ha indubbiamente rappresentato una fonte di preoccupazione per alcuni inquirenti. Ho recentemente appreso che un importante magistrato romano si sarebbe recato personalmente in Campania per consultarsi con i colleghi e risolvere alcuni problemi. Di più non posso e non voglio dire».

Riguardo alla sua vicenda i giornali progressisti scrissero numerose cose errate, ma l’opinione pubblica trattò quegli articoli come scoop…

«Nel 2019 la stampa ha sostenuto una versione dei fatti, quella della corruzione al Csm, che in qualche modo serviva a condizionare gli associati dell’Associazione nazionale magistrati, il sindacato delle toghe, e a ribaltare gli equilibri che in quel momento esistevano all’interno della magistratura. Ma è ancora più grave quanto è accaduto il 10 luglio del 2022 quando Repubblica e Corriere della Sera hanno riportato ampi stralci di una richiesta di archiviazione, quella della loggia Ungheria, che contenevano fatti palesemente calunniosi nei miei confronti. Su tale vicenda ho presentato una denuncia alla Procura di Firenze, il cui esito non mi è stato mai comunicato. Questa è la ragione per cui a breve mi rivolgerò alla Procura di Genova per capire e comprendere quello che realmente è accaduto».

Corriere e Repubblica pubblicarono solo alcuni passaggi che la danneggiavano mediaticamente. Chi diffuse, a suo giudizio, quelle notizie in modo tanto chirurgico?

«Faccio fatica a pensare, anzi escluderei, che sia stato il giornalista del Fatto quotidiano che per primo ha avuto in mano il documento. A mio parere quella sulla loggia Ungheria era un’inchiesta parallela sulla mia persona, ma spero che presto i miei sospetti possano essere supportati da evidenze giudiziarie».

Perché stampa e politica di centrodestra non riescono a ribellarsi a questi meccanismi perversi e, spesso, subiscono in silenzio?

«Per un duplice motivo. Da un lato è in atto un’operazione di cooptazione dei tanti personaggi che si dichiaravano di sinistra e che, con il nuovo corso, stanno tentando di riciclarsi. Dall’altro per riuscire a decifrare certe dinamiche occorre una profonda conoscenza della macchina dello Stato, poco comune di questi tempi».

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